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2017.10.16 La sicurezza dell’acqua del Gran Sasso

2017 05 27 comunicato acqua gran sasso

2017 05 27 comunicato acqua gran sassoLa sicurezza dell’acqua del Gran Sasso

Breve scheda di sintesi a cura dell’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso

La storia fino ad oggi.

Dal massiccio del Gran Sasso ricevono acqua d’alta qualità le popolazioni di tre province abruzzesi (Teramo, L’Aquila e, parzialmente, Pescara).

La montagna ospita al suo interno i Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (3 grandi cameroni, più gallerie di collegamento e altri locali più piccoli) e le gallerie dell’autostrada A24 Teramo-Roma (due diverse gallerie con corsia di marcia e corsia di sorpasso).

è noto che la realizzazione di queste opere ha comportato è oltre alla morte di 11 operai durante i lavori è l’abbassamento della falda del Gran Sasso di circa 600 metri con gravi conseguenze su tutto il sistema idrografico abruzzese a partire dalla diminuzione (in alcuni casi, oltre il 50%) di numerose sorgenti presenti sul Gran Sasso.

Agli inizi degli anni 2000, le Associazioni ambientaliste furono protagoniste di una grande campagna contro la volontà dell’allora Governo nazionale di realizzare, su richiesta dell’INFN, un terzo traforo e l’ampliamento dei Laboratori esistenti. Questi interventi avrebbero nuovamente inciso sull’acquifero continuando ad aggravare la situazione determinatasi con i lavori precedenti.

Durante tale campagna, che vide il coinvolgimento di tutte le Istituzioni del territorio, oltre ad una grandissima adesione da parte dei cittadini, per la prima volta furono sollevati dubbi sulla reale sicurezza di un sistema che mette a stretto contatto i punti di captazione dall’acquifero del Gran Sasso con i Laboratori dell’INFN e le gallerie autostradali.

Il WWF, da un lato, rese pubblico l’elenco delle sostanze pericolose stoccate nei Laboratori e, dell’altro, portò alla luce una serie di documenti e di scambi interni tra i ricercatori che attestavano che nei Laboratori, nel corso degli anni, si erano verificati diversi incidenti che dimostravano le carenze nella gestione degli esperimenti. Legambiente, invece, produsse un videodocumento che attestava un incidente verificatosi a dicembre 2001 con sversamento di sostanze nel torrente Mavone.

Quanto questi dubbi fossero fondati fu possibile verificarlo il 16 agosto 2002 quando, a seguito di un nuovo incidente nei Laboratori dell’INFN, una certa quantità di trimetilbenzene (o pseudocumene), utilizzato nell’esperimento Borexino, si riversò nell’acqua in distribuzione, tanto da essere ritrovata anche nelle fontane dei comuni costieri del teramano.

A seguito di tale incidente, cui seguì il sequestro dei Laboratori e per il quale si svolse anche un processo (conclusosi che tra l’altro è con l’applicazione concordata della pena con patteggiamento nei confronti, tra gli altri, del direttore dei Laboratori e del legale rappresentante dell’INFN al momento dell’incidente), la messa in sicurezza dell’acquifero divenne una priorità tanto da arrivare alla nomina, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un Commissario straordinario il 28 maggio 2003 è nella persona di Angelo Balducci è che, presumibilmente, operò fino al 2006 (anche se le certificazioni dei lavori in alcuni casi sono avvenute in anni molto successivi).

Va osservato che la captazione di acqua da una fonte posta nelle immediate vicinanza di due gallerie autostradali e dei Laboratori di Fisica Nucleare, considerati impianto a rischio di incidente rilevante dove sono depositate sostanze pericolose in quantitativi tali da rendere possibili scenari incidentali significativi ai fini della pianificazione di emergenza esterna, in base all’attuale normativa sarebbe vietata.

In ogni caso la nomina del Commissario, se da un lato comportò l’attestazione della rinuncia a qualsiasi ipotesi di nuovo traforo o ampliamento dei Laboratori, dall’altro determinò la fine di ogni possibilità per la società civile non solo di partecipare, ma anche di essere semplicemente messa al corrente di quanto stava avvenendo nel Gran Sasso e di quali fossero le opere che si stavano realizzando (o non si stavano realizzando) per la messa in sicurezza. Una situazione di scarsa trasparenza e informazione che peraltro perdura ancora oggi.

Al termine dei lavori, comunque, fu da più parti garantito che il sistema fosse in sicurezza.

In realtà, a seguito di un accesso agli atti svolto recentemente dall’Osservatorio, si è potuto finalmente acquisire la relazione finale del Commissario Balducci che attesta come i circa 80 milioni spesi sono stati utilizzati per dei primi interventi che hanno riguardato solo una minima parte delle problematiche riscontrate nella sicurezza del Gran Sasso (basti pensare che sono stati impermeabilizzati solo 1,2 Km di galleria contro circa 20 km esistenti e che nella stessa relazione si legge che le verifiche sull’efficacia degli interventi effettuati è stata possibile solo in parte a causa delle difficoltà di svolgerle per la complessità delle condizioni in cui si è dovuto operare).

I nuovi incidenti.

A metà dicembre 2016 la Giunta Regionale d’Abruzzo diffonde la notizia che il 2 settembre 2016 le acque del Gran Sasso captate dalla Ruzzo Reti SpA a scopo idropotabile sono risultate contaminate da solventi e sono state quindi messe a scarico (ciò non inviate nei rubinetti delle case, ma comunque rilasciate in ambiente).

A parte le assurde modalità di comunicazione ai cittadini (un comunicato della Giunta regionale, senza alcuna spiegazione, diramato oltre tre mesi dopo il verificarsi dell’episodio), la domanda che è lecito porsi: ma la situazione non era stata messa in sicurezza?

La risposta arriva il 9 maggio 2017 e sembra essere negativa.

Nel pomeriggio, infatti, la Ruzzo Reti SpA dispone il divieto di uso potabile dell’acqua nella città di Teramo e in molti comuni della provincia con questa comunicazione: A seguito dei prelievi effettuati stamane al Traforo del Gran Sasso l’Arta Abruzzo, Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, ha giudicato l’acqua in uscita non conforme, pertanto il SIAN della ASL di Teramo, Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, ha disposto l’uso per soli fini igienici. Sino a nuova disposizione è vietato l’uso potabile. Essendo stata rilevata la non conformità per odore non accettabile, e sapore non accettabile viene ciò disposta, con effetto immediato, la messa a scarico da parte dell’Ente gestore Ruzzo Reti SpA dell’acqua proveniente dal Gran Sasso (in realtà solo di quella proveniente dai punti di captazione delle gallerie, perchè quella dei Laboratori già stava andando momentaneamente a scarico), invitando la Strada dei Parchi SpA (che gestiscono l’A24 e quindi le gallerie autostradali sotto il Gran Sasso) e l’INFN a comunicare i lavori e le attività in essere presso i loro siti.

Il comunicato determina il caos in provincia di Teramo con assurde scene di accaparramento di acqua in bottiglia dagli esercizi commerciali.

Dopo circa 12 ore di caos, la mattina del 10 maggio arriva la comunicazione della Prefettura che dichiara chiusa l’emergenza idrica nel teramano poichè nuove analisi hanno rilevato dati conformi alla normativa vigente.

L’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso.

Il superamento dell’emergenza però non ha fatto venire meno i problemi che, purtroppo, rimangono gli stessi evidenziati oltre 15 anni fa: l’approvvigionamento idrico di più della metà degli Abruzzesi dipende dalla falda del Gran Sasso che è a contatto con due fonti potenzialmente inquinanti, i Laboratori dell’INFN e le gallerie autostradali dell’A24.

Nel 2002 fu la società civile a far emergere tali problemi, ma fu poi messa da parte da una gestione commissariale che non lasciò spazio a nessun tipo di partecipazione e dal disinteresse della classe politica e amministrativa che si dimenticò del problema.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti e per non ripetere questa situazione, WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura Laga, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI (tutte Associazioni nazionali, portatrici di interessi diffusi riconosciuti dalla Costituzione) hanno ritenuto di dover dare il proprio contributo dando vita ad un “Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso”.

L’Osservatorio nasce con tre obiettivi principali:

  1. verificare cosa è successo tra l’8 e il 9 maggio e comprendere come sia possibile arrivare all’interruzione di un servizio primario come la distribuzione dell’acqua. Non è scopo dell’Osservatorio nè fare indagini, che spettano alla magistratura, nè partecipare alla ricerca dell’ultima analisi mancante. L’Osservatorio pretende dagli Enti competenti quello che impongono la legge e il loro stesso mandato di gestori di un bene primario come l’acqua: essere trasparenti e mettere i cittadini nelle condizioni di essere informati;

  2. avviare un confronto con gli Enti competenti per comprendere cosa non funziona nel sistema di approvvigionamento idrico dal Gran Sasso. Su questo sistema sono stati spesi milioni di euro. Cosa si doveva fare? Cosa è stato fatto? Cosa non è stato fatto? Anche su questo gli Enti competenti hanno l’obbligo di informare i cittadini;

  3. comprendere quali sono gli attuali programmi per la messa in sicurezza definitiva delle acque del Gran Sasso. Dopo l’episodio del settembre 2016, reso noto più di 3 mesi dopo, è stato avviato un Comitato tecnico regionale in cui si stanno ipotizzando nuovi interventi. Anche per questo aspetto è indispensabile che le Istituzioni informino i cittadini e si aprano al confronto.

Cosa ha fatto fino ad oggi l’Osservatorio.

L’Osservatorio, oltre ad una serie di accessi agli atti presso gli Enti coinvolti, ha organizzato due incontri pubblici molto partecipati dove, per la prima volta, si sono confrontati pubblicamente chi controlla la qualità dell’acqua distribuita, chi opera sotto il Gran Sasso e chi deve garantire la tutela dell’ambiente e della falda.

3 svolto sabato 20 maggio a Teramo. Vi hanno preso parte Maurizio Di Giosia, Direttore amministrativo della ASL di Teramo, Francesco Chiavaroli, Direttore Generale dell’ARTA, e Antonio Forlini, Presidente della Ruzzo Reti SpA.

Dall’incontro è emerso:

  • nella gestione dell’emergenza si sono verificati gravi ritardi sia nelle procedure di analisi che nelle comunicazioni: tutti i soggetti coinvolti hanno riconosciuto come l’emergenza abbia evidenziato situazioni di scarsa comunicazione tra enti tanto da annunciare la predisposizione di un nuovo protocollo operativo;

  • il sistema di controllo e analisi deve essere reso più facilmente e rapidamente accessibile e comprensibile;

  • gli stessi enti di controllo e gestione dichiarano di non essere a completa conoscenza degli interventi effettuati durante la gestione commissariale, mentre solo a seguito dei problemi resi noti a dicembre 2016 si è attivato un Comitato tecnico regionale di confronto tra enti sulla problematica;

  • la presenza di sostanze che non dovrebbero essere nell’acqua, al di l^ delle concentrazioni riscontrate, dimostra che il sistema di approvvigionamento idrico ha una permeabilità che potenzialmente rappresenta un pericolo, considerata la contiguità con i Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e le gallerie autostradali;

  • va approntato un sistema di partecipazione nella gestione di questa problematica, partendo da quanto prevede la legge, ma andando anche oltre perchè i cittadini hanno il diritto di essere dettagliatamente informati su cosa esce dai loro rubinetti: oltre alle normative in materia ambientale, che impongono la massima trasparenza sui dati ambientali, fin dal 2007 (art. 2, comma 461, Legge n. 244/2007) è previsto l’obbligo per gli enti concedenti di coinvolgere le associazioni dei consumatori in vari aspetti della gestione dei servizi erogati.

Il secondo incontro, dal titolo La situazione del Gran Sasso, si è svolto sabato 17 giugno sempre a Teramo. Vi hanno preso parte: Igino Lai, Direttore Generale Strada dei Parchi SpA, Stefano Ragazzi, Direttore Laboratori dell’INFN, Giovanni Lolli, Vicepresidente Regione Abruzzo, e Tommaso Navarra, Presidente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Dall’incontro è emerso:

  • la problematica delle interferenze delle gallerie autostradali e dei Laboratori con l’acquifero non è stata risolta dagli interventi della gestione commissariale;

  • la Regione ha ammesso che si è attivata con ritardo rispetto al termine della fase commissariale;

  • l’INFN ha avuto il compito di chiudere la gestione commissariale, ma solo dal punto di vista amministrativo. Peraltro non si ha piena contezza di tutti gli interventi di messa in sicurezza fatti dalla struttura commissariale e, al momento della chiusura della fase commissariale, non è stato comunicata l’esigenza di ulteriori lavori, anche se questo contrasta con la realtà dei fatti e con ulteriori pareri di vari enti e istituti a partire da quello dell’Istituto Superiore di Sanità;

  • E’ in fase di predisposizione un nuovo protocollo operativo per la gestione delle comunicazioni in caso di emergenza e di comunicazione/autorizzazione di qualsiasi tipo di lavoro da effettuarsi nelle gallerie autostradali e nei Laboratori dell’INFN;

  • si sta procedendo all’acquisto di nuove strumentazioni di misura per l’analisi delle acque (spettometro);

  • l’orientamento emerso dal Comitato tecnico regionale per risolvere definitivamente la problematica delle interferenze delle gallerie autostradali e dei Laboratori con l’acquifero è quello di individuare altri punti di captazioni a livello superiore rispetto a gallerie e Laboratori;

  • Il 31 dicembre 2017 sarà possibile alla proroga della deroga della concessione per le captazioni del Gran Sasso possibilità in precedenza negata da dirigenti della Regione stessa è poichè la Regione ritiene che l’avvio delle attività del Comitato tecnico regionale sia sufficiente a giustificarla;

  • vi è stata la dichiarazione di voler garantire trasparenza e partecipazione dei cittadini, ma la Regione ha rifiutato la richiesta dell’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso di partecipare come uditore al Comitato tecnico regionale. La Regione ha solo dichiarato la propria disponibilità a partecipare ad ogni ulteriore incontro organizzato dall’Osservatorio e a favorire la creazione di un sistema web di accesso ai dati che raccolga tutte le informazioni relative alla qualità dell’acqua del Gran sasso, mettendo sullo stesso sito i dati dei vari enti competenti secondo schema chiari e trasparenti.

La situazione attuale e gli ulteriori problemi.

Il 7 settembre 2017, è stato firmato da Regione, INFN, Strada dei Parchi, ecc. il Protocollo per la gestione delle fasi di comunicazione, autorizzazione e allerta da seguire preventivamente alla realizzazione di interventi che possano comportare rischio di pregiudicare la qualità delle acque del sistema idrico del Gran Sasso, captate per il consumo umano, nonchè per la gestione dei sistemi di misurazione in continuo?.

Protocollo che però sembra non aver funzionato in occasione del diffondersi della notizia di un trasporto di materiale radioattivo verso i Laboratori dell’INFN che è stata diffusa da un organo di stampa on-line, citando fonti della Prefettura di L’Aquila. Successivamente al diffondersi della notizia si è avviato un susseguirsi di notizie frammentarie e contraddittorie. Il Direttore dei Laboratori, contattato dall’Osservatorio, ha infatti dichiarato che si sarebbe trattato di una prova, senza nessun carico, in vista di un eventuale trasporto legato al progetto Sox. La Regione ha dichiarato di non essere stata messa al corrente di quanto stava avvenendo, anticipando che avrebbe chiesto la sospensione dell’esperimento.

L’Osservatorio al riguardo ha semplicemente affermato di non essere interessato a partecipare a questo balletto di mezze notizie e mezze smentite, nè di volersi mettere a calcolare il grado di pericolosità dei quantitativi di materiale in gioco. Se, come le Associazioni sostengono da anni e come Regione, Strada dei Parchi, Ruzzo Reti e INFN hanno ammesso nel corso degli incontri organizzati dall’Osservatorio il 20 maggio e il 17 giugno a Teramo, esiste una situazione di interferenza tra l’acquifero e le gallerie autostradali e i Laboratori, è però impensabile continuare ad aumentare il carico di materiale pericoloso o anche solo potenzialmente pericoloso fatto transitare, stoccato o utilizzato sotto il Gran Sasso. Si deve agire per ridurre il rischio e non per aumentarlo, adottando tutte le misure necessarie. E’ impensabile che la Regione, che gestisce un tavolo tecnico sulla sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso e che ha promosso un protocollo sulla trasparenza e sulla gestione degli interventi sotto la montagna, dichiari di non essere stata messa a conoscenza di attività nei Laboratori che riguardano materiale radioattivo. Non è pensabile che i soggetti chiamati a garantire la sicurezza e la corretta informazione della cittadinanza non siano a conoscenza di tali situazioni. E se invece queste informazioni sono state effettivamente comunicate alla Regione è grave che non si sia fatto nulla e che si sia atteso che la notizia venisse fatta circolare dalle associazioni di volontariato, prima di prendere una posizione. Non è accettabile che, dal grave episodio dell’8/9 maggio (quando fu interrotta la distribuzione di acqua a metà della provincia di Teramo) ad oggi, l’unico passo avanti compiuto in termini di messa in sicurezza sia stata la redazione di un Protocollo che alla prima prova reale ha mostrato di non essere efficace. Come Osservatorio abbiamo giudicato positivamente la firma del Protocollo è ritenendo incredibile che si sia dovuto attendere l’ennesimo incidente prima di predisporlo è ma ci chiediamo quale sia la sua utilità se non riesce a risolvere neppure una situazione come quella che si è dovuto affrontare in questi giorni.

Conclusioni.

  1. Ad oggi la situazione strutturale delle vulnerabilità degli acquedotti a causa delle potenziali fonti di inquinamento in sotterraneo non è cambiata rispetto a quella lasciata dalla struttura commissariale e che ha portato ai due più recenti incidenti dei primi di settembre 2016 e dell’8/9 maggio 2017. In caso di incidente si verificherebbe di nuovo quanto accaduto in precedenza.

  2. Approntare un protocollo per migliorare le procedure di comunicazione e nuove strumentazioni di misura per l’analisi delle acque (ad oggi non ancora operative), ancorchè necessarie, non costituisce una soluzione del problema nè un’effettiva prevenzione del rischio.

  3. Esiste un problema generalizzato di scarsa informazione circa quanto è stato fatto durante la gestione commissariale che sembra riguardare anche gli stessi enti coinvolti nella gestione e nel controllo della risorsa idrica.

  4. La soluzione definitiva prospettata di andare a captare acqua da ulteriori punti, oltre ai tempi che richiederà, dovrà fare i conti con un’esigenza primaria: evitare l’ulteriore impoverimento della falda e la messa a scarico delle quantità di acqua che già oggi provengono dai punti di captazione dei Laboratori (circa 100 l/s) e delle gallerie autostradali (circa 700 l/s). Inoltre non si comprende in che relazione questo nuovo ipotizzato intervento si pone rispetto a quanto attuato e soprattutto a quanto ha dato indicazione di fare la struttura commissariale (che spese oltre 80 milioni di euro).

  5. In ogni caso esiste un problema, ora. Se, come ormai tutti ammettono, la situazione dell’acquifero non è in sicurezza e permane una permeabilità tra gallerie autostradali/Laboratori/impianti di captazione delle acque destinate al consumo umano, come si fa a continuare a consentire il transito e lo stoccaggio di materiale pericoloso nelle viscere del Gran Sasso

  6. Continua ad esserci un problema di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini. Non si condivide l’orientamento della Regione di negare la partecipazione al Comitato tecnico regionale dell’Osservatorio, costituito da Associazioni riconosciute a livello nazionale per la tutela di interessi diffusi garantiti dalla Costituzione: fino ad oggi non si è garantito il diritto all’informazione e alla partecipazione dei cittadini, come singoli e, a maggior ragione, in forma associata.

  7. E’ pertanto inaccettabile che i cittadini apprendano le notizie su quanto accade sotto il Gran Sasso, a contatto con un acquifero così importante per così tanta gente, non per una pianificata azione degli organi competenti, ma solo grazie alle associazioni di volontariato e ad un articolo di un giornale on-line.

Prossima iniziativa.

L’Osservatorio ha lanciato una manifestazione per sabato 11 novembre a Teramo per l’Acqua trasparente! Si è così avviata l’organizzazione di una grande manifestazione che richiama le manifestazioni organizzate all’inizio degli anni 2000 contro il terzo traforo del Gran Sasso: il 17 novembre 2001 a Teramo e il 23 febbraio 2002 a Pescara.

Teramo, 16 ottobre 2017